In un paesino alla periferia di Palermo vivevano due
famiglie, i Torrisi e i Pennuti, in guerra tra loro per il dominio del
territorio.
Un malaugurato giorno, Turi Torrisi tese un agguato a
Vito, figlio primogenito del boss Pennuti, uccidendolo, alle spalle, a bruciapelo.
Vito, morto dannato, perché era stato ucciso proprio
nel momento in cui il padre, ormai anziano, gli stava per cedere le redini
della famiglia, diventa un fantasma, poiché animato dalla forza di un’ira
vendicativa. Così, decise di farla pagare a tutta la famiglia Torrisi, in
particolar modo, voleva che Turi soffrisse le pene dell’inferno.
Il fantasma, presto, armato del coltello a
serramanico, sfilato dalla tasca di Turi, si precipitò dallo zio del suo
assassino e glielo conficcò nel cuore, scatenando i sospetti dei parenti che
riconobbero subito a chi appartenesse l’arma.
Inutili furono le spiegazioni del malcapitato, tutte
le prove portavano a lui, tanto che dovette allontanarsi e rifugiarsi, con la
moglie e il figlio, in un casolare di campagna, in costruzione. Anche qui,
arrivò l’irascibile fantasma che architettò l’ennesima infamia su Turi, infatti,
in assenza della padrona di casa, il fantasma spinse il figlio di Turi dentro
uno scavo facendogli battere la testa e provocandogli l’inevitabile morte.
Anche questa volta Turi era stato incastrato, poiché
era l’unico presente in casa al momento del delitto.
La famiglia Torrisi era ormai certa che Turi stesse
sterminando i parenti prossimi per impadronirsi dello scettro della sua cosca e
non dover più dividere i proventi degli affari poco puliti.
Turi era confuso e straziato per la perdita del
figlio, non capiva cosa stesse succedendo, tutto era contro di lui, ma sapeva
che non era stata la sua mano a colpire.
Ormai, aveva perso anche moglie e parenti che
l’avevano lasciato solo, vedendolo come un avido traditore.
Durante le notti che trascorreva insonni e piangendo
per il dispiacere, incominciò a sentire anche una voce tenebrosa che gli
sussurrava: “Morirai dannato per il male che hai fatto!”.
Mentre turi si arrovellava, un altro delitto stava per
compiersi.
Infatti, in una notte tempestosa il padre di Turi,
ormai stanco per il disonore che il figlio stava gettando sulla famiglia, si
recò da lui, armato, per porre fine a quella serie di dolorosi delitti e per
affermare ancora una volta il suo potere. Così, il padre, suo malgrado,
impallinò Turi che cadde a terra tramortito davanti a Vito, spettatore passivo.
Con la fine umiliante della vita di Turi, sicario
senza scrupoli, il fantasma di Vito ebbe pace e presso la sua tomba fiorì una
pianta di ciclamino in ricordo del sangue versato.
Mario Marzano
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